Catastrofi e cambiamenti climatici by Raffaele Scolari

Catastrofi e cambiamenti climatici by Raffaele Scolari

autore:Raffaele Scolari [Scolari, Raffaele]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788857542386
editore: Mimesis
pubblicato: 2017-07-24T22:00:00+00:00


CAPITOLO IV

La prospettiva del disastro climatico globale pone con la massima urgenza la questione dell’uso del mondo. Non solo la molteplicità di usi sin qui conosciuti, bensì anche l’idea stessa di uso implica la possibilità di un altro uso. Il tema è stato ampiamente trattato da Agamben ne L’uso dei corpi, il lavoro che conclude il progetto Homo sacer. Secondo il filosofo, il concetto di uso, che sostituisce quello di azione, non rimanda a un soggetto, bensì a una “forma-di-vita”. Usare in un certo modo, non importa che cosa, ci costituisce in quanto soggetti solo residualmente; ben più decisamente ci pone in una comunità d’uso o, meglio, conferma e alimenta gli usi di una determinata comunità.

I tanti usi che quotidianamente facciamo del mondo comportano necessariamente la prospettiva del disastro climatico globale. Di questo vi è ampia consapevolezza, ma il treno di cui si è detto prosegue sul medesimo tragitto e a velocità immutata, se non maggiore. Per descrivere la condizione d’ignavia osservabile un po’ ovunque, soprattutto nei cosiddetti Paesi avanzati, Žižek ricorre alla celebre fiaba di Andersen Il vestito nuovo dell’imperatore. Secondo il filosofo sloveno oggi la strategia che sottende il candore del bambino innocente nel dichiarare che il sovrano è nudo non funziona più. Ai nostri giorni ognuno lo dichiara (che le democrazie non sono ciò che asseriscono di essere, che le guerre sono condotte per ragioni di profitto, che le conferenze sul clima non possono che produrre effetti ampiamente insufficienti, ecc.), nondimeno non cambia niente, l’apparenza è salva e “il sistema continua a funzionare, come se l’imperatore fosse perfettamente vestito”15. Vi sono ovviamente molte forze in campo, molti poteri forti avversi a qualsiasi cambiamento radicale, ma il meccanismo di salvaguardia dell’apparenza è capillare e si riafferma e riproduce negli usi del mondo che conosciamo.

Non sono tuttavia in questione i comportamenti responsabili o irresponsabili dei singoli, cioè di tutti (la chiamata generale in correo è d’altra parte funzionale al sistema delle apparenze); ciò che va messo a fuoco sono i principi riproduttivi del meccanismo di cui si è detto. Che l’imperatore sia vestito, ossia gli usi invalsi del mondo siano suscettibili di correzioni e aggiustamenti, ma non possano essere riformati profondamente, è la grande finzione. Questa è dell’ordine del simbolico, ossia della dimensione dispensatrice di senso, e come fa osservare Žižek “il paradosso è che la finzione simbolica è costitutiva della realtà; se eliminiamo la finzione, perdiamo la realtà medesima”16.

La comunità d’uso e quindi di senso in cui viviamo è completamente disillusa, sa perfettamente di questo stato di cose: togliere la finzione sarebbe come togliersi la terra sotto i piedi, impedirsi di “funzionare”. Ciò descrive perfettamente il regime di libertà e terrore del presente: poter dichiarare ai quattro venti e in ogni momento che il re è nudo (libertà); sapere di doversi comportare come se fosse vestito, mediante un’opera di sempre rinnovati travestimenti, giacché diversamente verremmo a trovarci in uno spazio vuoto (terrore). Questa condizione ingenera un’attitudine che solo impropriamente potremmo dire fatalistica. Il fatalismo richiede la presenza in qualche modo viva del fato, ossia della possibilità di un intervento di una forza soprannaturale.



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